La MAT SIDE JIU JITSU Molfetta, scuola di NOGI grappling e Brazilian Jiujitsu nata nel 2006 a Bari, inizialmente col nome di SUBMISSION FIGHTING UNION, per iniziativa di Vanni Altomare.
Già attiva e presente nel campo, vanta già il conseguimento di numerosi titoli, e può contare su giovani talenti che cominciano ad affacciarsi nell'agonismo.
Nel 1998 Vanni Altomare consegue il grado di cintura nera di Judo. Oltre a questa disciplina pratica lotta libera e NOGI Grappling.
Nel 2010 è stato investito del grado di cintura blu di brazilian jiujitsu dal Maestro Bernardo Serrini.
Nel 2012 ha conseguito il grado di cintura viola, dal Maestro Roberto Atalla de Moraes. Nel 2014 consegue il grado di Cintura marrone di Brazilian Jiu Jitsu.
Il 5 giugno 2016 Riceve la cintura nera da Bernardo Serrini.

Oggi è l'unico centro accreditato dalla MAT SIDE nel sud d'Italia.

Quest'anno le lezioni saranno tenute presso il centro sportivo THE BOX - CrossFit Molfetta.

PER CONTATTI: vannialtomare@gmail.com

lunedì 12 novembre 2012

ADRENALINA



 In un film di 007 (Quantum of Solace), l'agente segreto più figo del mondo, prima di entrare in azione, dice “in addestramento ti insegnano che quando sale l'adrenalina devi compensare...”

Tante volte ho sentito parlare di ADRENALINA, e di come questa o quella esperienza spericolata, fossero “adrenalina pura”... Ogni volta che si parla di un'azione pericolosa o del brivido per la velocità, si parla di adrenalina.



Come praticante di sport da combattimento, è da un bel po' che mi sono chiesto se questo tipo di sensazione non coinvolgesse anche la mia categoria o se fosse solamente un modo di dire abbastanza vago. L'esperienza della competizione, specialmente nei principianti, porta a reazioni ansiose facilmente collocabili in questa tipologia di esperienze. Ma in realtà, la funzione fisiologica dell'adrenalina, è molto più complessa di quanto non si possa generalmente credere.
Tempo fa mi ero preoccupato di scrivere dei post sui comportamenti ansiosi pre gara, e su diversi metodi per affrontare psicologicamente questo comportamento. Approfondendo l'argomento, mi sono reso conto che gran parte delle reazioni ansiose sono strettamente collegate all'aumento del tasso di adrenalina nel sangue e a tutti i sintomi che comporta.

Ma in realtà che cosa è l'adrenalina? E come funziona?

Inizierei col dire che è un mediatore chimico tipico della classe dei vertebrati, un ormone e un neurotrasmettitore che appartiene a una classe di sostanze definite catecolammine, contenendo nella propria struttura sia un gruppo amminico che un orto-diidrossi-benzene, il cui nome chimico è catecolo. Bando alle definizioni scientifiche, l'adrenalina è un ormone che viene prodotto dalle ghiandole surrenali, e determina il condizionamento fisiologico nelle situazioni “fight or flight”, ovvero “combatti o fuggi”, cioè quelle situazioni, che il nostro cervello giudica rischiose per la nostra vita.
Quando ci troviamo in condizioni di dover salvaguardare la nostra sicurezza, il nostro cervello fa scattare un campanello d'allarme e viene liberata questa sostanza nel nostro organismo, assieme alla noradrenalina.
Gli effetti che l'adrenalina comporta sono questi:

  • Aumento del consumo di ossigeno,
  • Aumento della velocità d'espulsione dell'anidride carbonica,
  • Broncodilatazione,
in seguito a questo il respiro si fa affannoso o cmq più forte;

  • Diminuzione della fatica nelle parti periferiche del corpo,
  • Aumento del rendimento metabolico,
  • Aumento del consumo di sostanze nutritive,
  • Incremento delle capacità muscolari,

durante una lotta infatti, la forza che viene espressa è di gran lunga più intensa di quella che di solito esprimiamo in combattimento, a fronte di un maggiore consumo, ecco perchè, nei primi match della nostra carriera agonistica ci sembra di essere stanchissimi già dopo un solo incontro;

  • Dilatazione delle pupille,
  • Aumento della frequenza cardiaca,
  • Aumento della gittata sistolica,
  • Vasocostrizione a livello cutaneo,
questo comporta pallore;

  • Aumento della pressione arteriosa,
  • Aumento dell'insulinoresistenza e della glicemia,
  • Inibizione delle funzioni intestinali (stipsi),
I tipici segnali di aumento del livello dell'adrenalina sono quindi respiro affannoso o più intenso, pupille dilatate, battito cardiaco accelerato e pallore.

Un altro segnale molto comune, e sicuramente per noi il più importante, è la sensazione di intontimento, di perdita di lucidità, quella strana condizione mentale, per la quale, durante una lotta, ci comportiamo come se non avessimo mai fatto allenamento, ci dimentichiamo di come si combatte e la nostra lotta sarà molto poco tecnica. Spesso al termine dell'incontro, la prima cosa che il principiante afferma è di non ricordare cosa è successo, e non si riconosce vedendosi nei filmati della gara.

Anche questo fenomeno è riconducibile all'aumento della quantità di adrenalina nel nostro organismo. E' infatti dimostrato che allo scattare della situazione “combatti o fuggi”, il nostro cervello inibisce la sua parte cosciente, azzerando qualunque tipo di ragionamento razionale, e attiva solo la parte più istintiva, cioè quella che determina le nostre reazioni di difesa e salvaguardia della vita. In queste condizioni, ogni tipo di tecnica appresa in allenamento viene invalidata, ogni conoscenza diventa inaccessibile, ed esprimiamo la metà del jiu jitsu che siamo soliti esprimere in sede di sparring.

Inoltre l'aumento del consumo di ossigeno, che questa reazione comporta, rende inadeguati anche tutti gli sforzi in allenamento, per migliorare la nostra capacità aerobica. E' come se, facendo un esempio molto ampio, ci fossimo allenati per mesi per partecipare ad una maratona, e ci ritrovassimo a gareggiare nei 100 m.

Come possiamo, quindi, contrastare questo fenomeno? E sopratutto, esiste questa famosa tecnica di compensazione, e in cosa consiste?

Prima di rispondere a questa domanda, bisognerebbe realizzare un concetto importante, e cioè che l'aumento dell'adrenalina è una reazione naturale che l'organismo effettua per prepararsi ad una situazione di stress. Una competizione è evidentemente una situazione di stress per il nostro organismo e pretendere di affrontarla azzerando questo tipo di reazione non ha senso. In primis, perchè significherebbe lottare senza riconoscere l'importanza del momento, quasi sottovalutando la lotta che ci accingiamo ad affrontare. In secondo luogo perchè, la secrezione di adrenalina, oltre a tutti i fattori nefasti per la nostra lotta, aumenta anche la prestazione e le reazioni muscolari.

Da questo si conviene che la migliore strategia è mantenere sotto controllo questa reazione.

Molti atleti di esperienza, tendono a ricreare la condizione mentale di stress, “caricandosi” con la musica, o concentrandosi prima di essere chiamati sul tappeto.
Quello che dovremmo fare è cercare di mantenere sotto controllo l'adrenalina, quando questa sale in maniera eccessiva.

Il primo suggerimento consiste nel cercare di sostare quanto più possibile in zone esterne o quanto meno poco affollate, per ossigenare al meglio la nostra respirazione ed evitare di restare al lungo all'interno in aree dove l'aria è “viziata”, carica di anidride carbonica.
In secondo luogo è necessario mantenere sotto controllo la respirazione, durante la fase di warm up, o di attesa della chiamata a combattere. Bisogna respirare con l'addome, in modo profondo e cadenzato. Questo dovrebbe bastare a mantenere sotto controllo l'adrenalina, e la sensazione di lucidità. E' importante abituarsi a combattere, respirando in questo modo, o comunque a mantenere il respiro costante, durante tutta la fase di preparatoria alla lotta.

Lo yoga suggerisce diverse tecniche di respirazione utili a controllare gli stati di stress, ma è essenziale ricordarsi che ognuno conserva una propria soglia di individuazione della situazione “combatti o fuggi”, quindi ciò che potrebbe essere considerato stressante per un atleta, per un altro potrebbe non esserlo. Solo dall'esperienza si impara a riconoscere il momento e la sensazione di innesco di questa reazione e il momento e il modo migliore per poter iniziare a gestirla.

Come sempre, se non si combatte, non si può imparare a combattere.



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